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Come va il mercato della pubblicità in Italia

Come va il mercato della pubblicità in Italia

Fonte: Daniela Mangini - Wired

Secondo i dati Nielsen c’è stata una leggera ripresa rispetto all’anno scorso. Vince la tv, cala la carta stampata, Google e Facebook entrano in scena


La televisione mantiene credibilità e aumenta la raccolta pubblicitaria, gli investimenti su quotidiani e periodici continuano a diminuire, la radio resiste ma inizia a soffrire e internet cresce. Di quanto? Difficile dirlo.

I dati presentati dall’istituto di ricerca Nielsen registrano un incremento cumulato nei primi sei mesi dell’anno degli investimenti pubblicitari del 3,5%, per un valore di 3 miliardi e 351 milioni euro nel 2016 contro 3 miliardi e 238 milioni di euro nel 2015. Un risultato ancora spurio di un’enorme fetta della pubblicità online e che diventa un + 5,1% nel periodo cumulato e + 9,1% sul solo mese di giugno se si considera anche la stima degli investimenti che sfuggono al radar del noto istituto di ricerca. Il report Nielsen, infatti, non accede agli investimenti pubblicitari realizzati su Google e Facebook, un tesoro di dati e numeri che sfuggono, quindi, a quello che fino ad ora era il più rappresentativo scenario di mercato, che cerca di rimediare attraverso sue proiezioni.

Per Nielsen la televisione continua ad essere la regina degli investimenti, con una dote di 2 miliardi e 63 mila euro nel primo semestre, con un + 7,8% rispetto al 2015, dimostrando che il piccolo schermo (ma soprattutto il contenuto narrativo nella formula video), rappresenta ancora un media convincente e adatto a mettersi in relazione con il consumatore; va detto, tuttavia, che chi investe dovrà ragionare sempre più in logica integrata, come racconta la ricerca Connected Life di TNS, poiché gli utenti, che vanno verso una connessione costante, fruiscono e utilizzano più device contemporanteamente, anche nel momento della fruizione TV come il prime time.

Per il futuro la Tv vede la minaccia non solo di piattaforme come Netflix (destinato, secondo lo studio Ampere Analysis, a circa un milione di abbonati nel 2017 e due milioni nel 2020) ma anche la concorrenza nella raccolta pubblicitaria di YouTube. Da parte sua Google lamenta che gli investimenti su YouTube tardino in Italia a crescere, nonostante, secondo una loro ricerca che ha analizzato 56 casi studio, il ROI (ritorno degli investimenti) sulla piattaforma online sia superiore a quello della TV nel 77% dei casi testati.

Sulla scelta, per chi decide dove o come investire, di affidare il proprio budget a strumenti misurabili nel breve periodo (tipicamente legati al digitale) o scegliere una strategia più classica di branding e di relazione con il consumatore (affidata alla creatività), si è molto discusso qualche mese fa anche durante l’evento Controverso organizzato da Asseprim. Quello che è certo è che chi investe in pubblicità sta affrontando un momento di grande confusione, con molti canti delle sirene che ancora non riescono a dare una direzione, non potendo, inoltre, sempre contare sull’aiuto degli operatori della comunicazione, che ancora non riescono a integrare conoscenze e competenze e a equilibrare i budget su mezzi (tecnologia) e contenuti (creatività-informazione).

Per quanto riguarda internet, se non si fosse fatta la proiezione sul mondo del web advertising legato a Google e Facebook, Nielsen avrebbe registrato un decremento dell’1,9% nel periodo cumulato e un calo, da giugno 2015 a giugno 2016, del 2,1%. Nielsen ha quindi, come già detto, integrato il dato con stime sull’intero mondo del web advertising (aggiungendo principalmente search e social), correggendo i numeri con un più attendibile +8,3% per i primi sei mesi dell’anno (giugno a +9%). La proiezione Survey sul Digital Advertising ha coinvolto i direttori marketing/comunicazione di circa 150 aziende, in gran parte top spenders in Italia.

I quotidiani riducono la raccolta di quasi 20 milioni di euro rispetto al primo semestre 2015, con un – 4,9% ancora più grave del -3% dei periodici, che però segnano un punto percentuale positivo nel confronto fra giugno 2015 e giugno 2016. La radio, invece, si attesta a un +0,6% , guadagnando quasi 1 milione di investimenti, anche se il confronto su giugno segna un – 4,8%; potrebbe essere interessante capire se e quanto in futuro questo media possa soffrire per la diffusione di Spotify, che non solo può rosicchiare inserzioni, ma può cambiare le abitudini di ascolto, anche negli esercizi pubblici.

Sempre buone le performance per il cinema, che cresce del 18,4%, passando da 6 milioni e 339 mila a 7 milioni e mezzo, confermando quanto la narrazione sia considerata una buona compagna del brand. In futuro la creazione in proprio di storie da parte dei marchi, come già succede attraverso alcuni documentari, potrebbe confondere ancora le acque spostando gli investimenti dall’inserzione pubblicitaria alla coproduzione.

Il mondo dell’out-of-home (OOH) cioè quella parte di pubblicità la cui fruizione avviene al di fuori dell’ambiente domestico (dalla cartellonistica all’ambient marketing) ha andamenti altalenanti; l’outdoor, cioè la cartellonistica, chiude i primi cinque mesi a +1,6%, il transit, cioè le pubblicità sui mezzi di trasporto, a +3,5% e la GO tv , cioè le tv in aeroporto, metro etc, a -3,1%.

Per quanto riguarda le categorie merceologiche pubblicizzate, crescono le telecomunicazioni (+11,6%), la distribuzione (+20,2%) e i farmaceutici e sanitari (+10,1%), cui si contrappongono i cali della finanza (-14,8%) e dell’abbigliamento (-7,2%). Tra gli altri comparti che contribuiscono alla crescita, si segnalano le buone performance del mercato delle automobili (+9%), di media/editoria (+10,1%), turismo (+17,6%) e tempo libero (+25,4%). Questi, va specificato, sono i dati che tengono conto della pubblicità in senso classico, che utilizza, cioè, le inserzioni pubblicitarie vere e proprie.

Il futuro fa prevedere un passaggio alla crossmedialità e a messaggi che si integrino ai contenuti per evitare il vero rischio di fallimento della pubblicità: interrompere o disturbare le emozioni. Il grande cambiamento in corso sulla distribuzione dei budget e gli equilibri fra i grandi player ha destato l’attenzione dell’organo di vigilanza AGCOM, che sta portando avanti i suoi Osservatori e che lo scorso 5 luglio ha presentato in parlamento la sua relazione annuale cercando di fare un quadro completo sui diversi mezzi. Nella relazione vengono riportati per il 2015 investimenti sul media televisivo di circa 3 miliardi di euro mentre la pubblicità su internet viene stimata per circa 1 miliardo e 700 mila.